I segreti della terra
14/10/2010
Forse non tutti sanno che nell’estate del 2005 è stata approvata la legge sull’archeologia preventiva, che ha affidato alle Soprintendenze archeologiche il compito di valutare tutti i progetti preliminari di lavori privati e pubblici per verificarne l’impatto sul patrimonio sommerso. Ma come intervenire?

Di solito l’archeologo quando va alla caccia delle tracce del passato utilizza lo scavo, quello fatto da un mezzo meccanico o dalle braccia, e non disdegna le ragnatele e la polvere delle biblioteche alla ricerca di fonti e documenti utili.
Tuttavia di recente gli orizzonti dell’archeologia si sono arricchiti di nuove metodologie di analisi: quelle geo-fisiche, prese in prestito da altre discipline. Senza aver la pretesa di spiegare tutto in poche righe, possiamo presentare quelle di maggior utilità ed efficacia in questo campo.

Esiste anzitutto l’indagine geoelettriche che misurano le correnti nel suolo grazie all’analisi della resistività e della conducibilità del terreno. Questa si realizza con l’iniezione di una debole corrente nel suolo e con la conseguente misurazione della resistività del terreno e degli oggetti in esso contenuti. Così senza muovere una zolla di terra è possibile cogliere la profondità a cui possono giacere i reperti e dedurne anche la forma mediante appositi software!
Punto di forza di queste indagini è il basso costo, anche se richiedono tempi piuttosto lunghi.

Si possono effettuare poi indagini geomagnetiche, sfruttando la presenza di ossidi di ferro magnetizzati nei terreni e nei reperti sepolti. I parametri di riferimento sono la suscettività magnetica e il magnetismo termorimanente. Lo strumento principale utilizzato per misurare le variazioni del campo magnetico legate ad un ritrovamento archeologico è il magnetometro, che va alla ricerca delle particelle ferrose di sostanze e oggetti. Viene utilizzato anche per l’individuazione di mura, fossati, canali, forni e sepolture. Il magnetometro più utilizzato in archeologia è quello a saturazione: si tratta di una o più coppie di sensori passivi che garantiscono l’acquisizione di dati in maniera continua memorizzati su di un PC. Vantaggi? non risente delle oscillazioni del campo magnetico terrestre e delle variazioni dell’attività solare; non risente di variazioni stagionali e può essere applicata ad aree di grandi dimensioni; difetti? non si adatta quasi per niente a terreni con assenza di minerali ferrosi o ad aree fortemente urbanizzate.

Negli ultimi anni tra i metodi di indagini non invasiva si sta affermando il GPR anche conosciuto come georadar. L’utilizzo di questa apparecchiatura, di derivazione militare, sfrutta il fatto che materiali differenti riflettono in modi diversi l’onda elettromagnetica che li colpisce. E’ un metodo che non si limita a misurare grandezze presenti nel suolo ma stimola il suolo mediante un fattore indotto. Si tratta di un impulso elettromagnetico che, emesso verso il suolo da un’antenna, una volta colpito un oggetto, ritorna all’apparecchio di misurazione. I tempi e le modalità di risposta determinano la profondità e la tipologia dell’oggetto sepolto. Fattori che condizionano le indagini georadar sono anzitutto la scelta della frequenza elettromagnetica e la direttività dell’antenna. L’indagine restituisce diagrammi che, interpretati ed elaborati da software appositi, restituiscono una visione 3D del terreno permettendo non solo individuare gli oggetti ma anche riprodurne la forma. Limiti? trova difficoltà con terreni argillosi in quanto questi attenuano l’impulso elettromagnetico e allo stesso modo la presenza di troppa acqua nel sottosuolo può rendere inefficace il GPR.
Di certo all’archeologo non mancano strumenti diversi dalla scovo per indagare il sottosuolo e tutelare il patrimonio, bisogna conoscerne bene pregi e difetti, di sicuro non possono sostituire la preparazione, l’intuito e la fatica dello scavo, bensì integrarli.

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